SkyscraperCity banner

31161 - 31180 of 31441 Posts

·
Registered
Joined
·
39 Posts
Solo una piccola precisazione, ma mi pare che il mulino utilizzasse la Bealera Nuova di Lucento. Il ramo sinistro del canale Ceronda passava a sud di C.so Vigevano in via Cecchi.
 

·
Registered
Joined
·
6,653 Posts
Chiedo scusa se, andando OT, torno sulla polemica tra Monarchia e Repubblica: lo faccio per ricordare che al referendum del 1946, a giocare a favore della Repubblica fu anche il fattore...economico!
La propaganda repubblicana insisteva infatti sul fatto che, con la Repubblica, si doveva mantenere economicamente solo il Capo dello Stato, oltretutto per un tempo limitato, anzichè, nel caso della Monarchia, la pletora degli aventi diritto alla successione (principi ereditari, duchi, ecc.) vita natural durante; un argomento che dovette fare molta presa, in un momento, quello dell'immediato dopoguerra, di grandi difficoltà economiche per tutti (era ancora in vigore il razionamento con la tessera annonaria, durato fino alla primavera del 1949, scarseggiavano molti beni di prima necessità, d'inverno si tagliavano gli alberi dei viali cittadini per aver legna per scaldarsi).
Inoltre, Umberto fece un passo falso, quando, nel corso della campagna referendaria, entrò nella ex sede del Fascio di Milano, esibendosi in un saluto romano...immortalato in una foto diffusa su tutti iquotidiani; una gaffe che dovette costargli cara!
Presa dal già citato libro di Aldo A. Mola, ecco il facsimile della scheda elettorale per il referendum istituzionale del 2/6/1946

bank of hancock

i due simboli erano stati scelti, pare con cura, per rappresentare le due forme istituzionali, tenendo presente che nel 1946 era ancora mostruosamente alta la percentuale di analfabeti totali, e molti, che avevano frequentato le scuole prima della riforma Gentile, erano arrivati solo alla seconda elementare: sapevano giusto fare la propria firma e "far di conto", ma forse ignoravano il significato dei termini "Monarchia" e "Repubblica".
Alla fine però si verificarono ugualmente disguidi; ad esempio, l'Italia turrita che rappresentava la Repubblica da molti venne scambiata per...l'effigie della regina! Senza volerlo, intendendo votare per "il Re", votarono invece per la Repubblica..
 

·
Registered
Joined
·
6,653 Posts
Tempo di guerra.
All'inizio della guerra, nel 1940, quasi tutti i monumenti cittadini erano stati avvolti in una "copertura" di legno, nell'ovvio intento di ripararli dalle conseguenze dei bombardamenti. Funzionò abbastanza bene agli inizi, fino al 1942; poi, con l'intensificarsi delle incursioni e della potenza delle bombe, finirono per mostrarsi di utilità scarsa o nulla. Nel bombardamento del luglio 1943, ad esempio, la copertura del "caval 'd Bruns" di piazza San Carlo quasi si volatilizzò, il monumento riportò seri danni, e nel dopoguerra necessitò di un delicato lavoro di restauro.
 

·
Premium Member
Joined
·
498 Posts
Presa dal già citato libro di Aldo A. Mola, ecco il facsimile della scheda elettorale per il referendum istituzionale del 2/6/1946

bank of hancock

i due simboli erano stati scelti, pare con cura, per rappresentare le due forme istituzionali, tenendo presente che nel 1946 era ancora mostruosamente alta la percentuale di analfabeti totali, e molti, che avevano frequentato le scuole prima della riforma Gentile, erano arrivati solo alla seconda elementare: sapevano giusto fare la propria firma e "far di conto", ma forse ignoravano il significato dei termini "Monarchia" e "Repubblica".
Alla fine però si verificarono ugualmente disguidi; ad esempio, l'Italia turrita che rappresentava la Repubblica da molti venne scambiata per...l'effigie della regina! Senza volerlo, intendendo votare per "il Re", votarono invece per la Repubblica..
Molto interessante, non avevo mai visto un facsimile della scheda
 

·
Registered
Joined
·
1,644 Posts
All'inizio della guerra, nel 1940, quasi tutti i monumenti cittadini erano stati avvolti in una "copertura" di legno, nell'ovvio intento di ripararli dalle conseguenze dei bombardamenti. Funzionò abbastanza bene agli inizi, fino al 1942; poi, con l'intensificarsi delle incursioni e della potenza delle bombe, finirono per mostrarsi di utilità scarsa o nulla. Nel bombardamento del luglio 1943, ad esempio, la copertura del "caval 'd Bruns" di piazza San Carlo quasi si volatilizzò, il monumento riportò seri danni, e nel dopoguerra necessitò di un delicato lavoro di restauro.
Non fu l'unico monumento ad essere avvolto da un cassero di protezione.
Qui le statue di Castore e Pulluce a termine della cancellata monumentale del Pelagi.


Statua del Conte Verde.
 

·
Breùs, a la francaise
Joined
·
7,073 Posts
Non troppo di nuovo sotto il sole....

Quando il Paziente 0 "era un uomo dedito a gozzoviglio e alcol"

"Il morbo continuava regolarmente il suo cammino attraverso l'Europa, avanzandosi a tappe come farebbe un uomo in marcia»: sono parole di Vittorio Bersezio, il fondatore de La Stampa, per raccontare l'epidemia del colera che colpisce Torino nel 1835.

Uno dei momenti più difficili della città negli ultimi due secoli. La città si prepara al suo arrivo, annunciato dalla Commissione sanitaria istituita da Carlo Alberto. «Era da un pezzo che se ne parlava – scrive Bersezio – ma i pareri erano divisi: "Verrà" dicevano gli uni. "Non verrà!" affermavano gli altri». Altra pagina già letta. «Nel frattempo per impulso delle autorità, si pigliavano gli opportuni provvedimenti; si facevano ripulire case, cortili, viuzze; si costituivano lazzaretti nei vari quartieri; si nominavano commissioni».

Il «Paziente 0» è Giovanni Som, un trentenne «dedito all'alcool e al gozzoviglio» (come riporta il documento ufficiale) che vive nel Borgo del Moschino e che il 24 agosto muore presso l'attuale ospedale San Giovanni Vecchio, «sostenuto da tutti i conforti religiosi». La religione conta e parecchio. Un solo dato: il Consiglio comunale consegna nelle mani dell'Arcivescovo il voto solenne della Città alla Consolata. Per ringraziare la fine dell'epidemia verrà eretta pochi anni più tardi, come ex voto, l'alta colonna in granito e la statua in marmo della Madonna Consolatrice tuttora presente nella piazza. Un rapporto speciale, quello tra Torino e la Consolata, come sottolineato di recente anche da Papa Francesco.

Sui provvedimenti, però, non tutti sono concordi. Scrive Bersezio: «Vi era una schiera ostinata di scettici ottimisti che s'incaponivano a negare, che in parte sogghignavano, chiamandoli un sciupadenaro, in parte se ne sdegnavano, accusandoli di spargere lo sgomento nel popolo». Tra questi la decisione di spostare i mercati alimentari – che potevano facilitare il contagio – dalle piazze centrali al di fuori della zona abitata. L'area scelta è l'ampia piazza che si apre dopo via Milano. Nasce così – e per quella epidemia – il mercato di Porta Palazzo.

Ci sono anche nel 1835 negazionisti e complottisti. «Non si diedero per vinti gli increduli – riporta Berserzio – i casi di colera li negavano addirittura, o li attribuivano a eccessi dietetici. E allora, come in tutte le epidemie, sorse nel popolo la scellerata, assurda idea dello avvelenamento. Perché questo avvenisse, nessuno lo sapeva dire: ma ci si credeva lo stesso». E poi la superstizione: «Si era fatto credere da alcuni furbi che il contagio si poteva tenere lontano mediante certi amuleti, i quali consistevano in tubettini contenenti un poco di mercurio, in iscampolini di pannolana, su cui ricamate parole e cifre e motti, da appendere al collo».

Alcuni invocano un'immunità di gregge: «I più saggi si attenevano ai precetti igienici consigliati dai sanitari altri propendevano di vivere più allegramente e spassarsela più che mai». Il focolaio è il Borgo del Moschino, situato al termine di corso San Maurizio, affacciato sul fiume Po. Un grappolo di case vecchie, fatiscenti, senza nessuna norma igienica. E, ultimo dettaglio, sovrappopolato da persone ignoranti e dedite al malaffare. Le cronache ufficiali lo descrivono come un «grumo di miseria» insalubre. Per sradicare il problema viene deciso successivamente di abbatterlo, organizzando i Murazzi e via Napione come li vediamo ancora oggi."


Da LA STAMPA odierna.
 

·
Registered
Joined
·
6,653 Posts
Non troppo di nuovo sotto il sole....

Quando il Paziente 0 "era un uomo dedito a gozzoviglio e alcol"

"Il morbo continuava regolarmente il suo cammino attraverso l'Europa, avanzandosi a tappe come farebbe un uomo in marcia»: sono parole di Vittorio Bersezio, il fondatore de La Stampa, per raccontare l'epidemia del colera che colpisce Torino nel 1835.

Uno dei momenti più difficili della città negli ultimi due secoli. La città si prepara al suo arrivo, annunciato dalla Commissione sanitaria istituita da Carlo Alberto. «Era da un pezzo che se ne parlava – scrive Bersezio – ma i pareri erano divisi: "Verrà" dicevano gli uni. "Non verrà!" affermavano gli altri». Altra pagina già letta. «Nel frattempo per impulso delle autorità, si pigliavano gli opportuni provvedimenti; si facevano ripulire case, cortili, viuzze; si costituivano lazzaretti nei vari quartieri; si nominavano commissioni».

Il «Paziente 0» è Giovanni Som, un trentenne «dedito all'alcool e al gozzoviglio» (come riporta il documento ufficiale) che vive nel Borgo del Moschino e che il 24 agosto muore presso l'attuale ospedale San Giovanni Vecchio, «sostenuto da tutti i conforti religiosi». La religione conta e parecchio. Un solo dato: il Consiglio comunale consegna nelle mani dell'Arcivescovo il voto solenne della Città alla Consolata. Per ringraziare la fine dell'epidemia verrà eretta pochi anni più tardi, come ex voto, l'alta colonna in granito e la statua in marmo della Madonna Consolatrice tuttora presente nella piazza. Un rapporto speciale, quello tra Torino e la Consolata, come sottolineato di recente anche da Papa Francesco.

Sui provvedimenti, però, non tutti sono concordi. Scrive Bersezio: «Vi era una schiera ostinata di scettici ottimisti che s'incaponivano a negare, che in parte sogghignavano, chiamandoli un sciupadenaro, in parte se ne sdegnavano, accusandoli di spargere lo sgomento nel popolo». Tra questi la decisione di spostare i mercati alimentari – che potevano facilitare il contagio – dalle piazze centrali al di fuori della zona abitata. L'area scelta è l'ampia piazza che si apre dopo via Milano. Nasce così – e per quella epidemia – il mercato di Porta Palazzo.

Ci sono anche nel 1835 negazionisti e complottisti. «Non si diedero per vinti gli increduli – riporta Berserzio – i casi di colera li negavano addirittura, o li attribuivano a eccessi dietetici. E allora, come in tutte le epidemie, sorse nel popolo la scellerata, assurda idea dello avvelenamento. Perché questo avvenisse, nessuno lo sapeva dire: ma ci si credeva lo stesso». E poi la superstizione: «Si era fatto credere da alcuni furbi che il contagio si poteva tenere lontano mediante certi amuleti, i quali consistevano in tubettini contenenti un poco di mercurio, in iscampolini di pannolana, su cui ricamate parole e cifre e motti, da appendere al collo».

Alcuni invocano un'immunità di gregge: «I più saggi si attenevano ai precetti igienici consigliati dai sanitari altri propendevano di vivere più allegramente e spassarsela più che mai». Il focolaio è il Borgo del Moschino, situato al termine di corso San Maurizio, affacciato sul fiume Po. Un grappolo di case vecchie, fatiscenti, senza nessuna norma igienica. E, ultimo dettaglio, sovrappopolato da persone ignoranti e dedite al malaffare. Le cronache ufficiali lo descrivono come un «grumo di miseria» insalubre. Per sradicare il problema viene deciso successivamente di abbatterlo, organizzando i Murazzi e via Napione come li vediamo ancora oggi."


Da LA STAMPA odierna.
Del Moschino è stato già detto tutto il male possibile; la realtà è che era sostanzialmente un borgo di gente che viveva del fiume e sul fiume: barcaioli (in un tempo in cui il Po era una via d'acqua usata per trasporto di merci e persone, in un'epoca in cui le strade erano lasciate in condizioni miserande), renaioli, pescatori (quando il fiume era anche una risorsa alimentare); certo, assieme all'"erba buona" vi cresceva anche la "zizzania", ma non più che in altre zone povere e periferiche della città; in fondo, la prima vittima del colera era un barcaiolo, che si guadagnava onestamente da vivere col suo lavoro. Fosse sopravvissuto, oggi sarebbe un borgo pittoresco e caratteristico, non dissimile da molti borghi sull'acqua, fluviali, lacustri o marinari, tuttora esistenti.
Non meglio, dal punto di vista igienico, era il prospiciente borgo Po, pure simile con le case a pelo dell'acqua, prima della loro demolizione per aprire il primo tratto di corso Casale, al posto della via Monferrato.
Certo, i suoi abitanti dovevano aver fama di suscettibilità e permalosità, visto che nel gergo torinese "moschin" conserva appunto quel significato.
 

·
Registered
Joined
·
6,653 Posts
La verità è che i possidenti (nobili e borghesi) consideravano la plebe solo un "Inpiccio", buono da sfruttare quando faceva comodo, così come era comodo rinfacciarle tutti i vizi e stravizi, dal bere "per disperazione" come unica consolazione dalle miserie quotidiane ad altro; ben peggio del Moschino era la discarica di liquami esistente nelle vicinanze, dove ora è il borgo Vanchiglia, quella sì di pericolo per la salute pubblica!
 

·
Registered
Joined
·
6,653 Posts
Molto interessante, non avevo mai visto un facsimile della scheda
Ed ecco il registro con lo spoglio definitivo delle schede per il collegio Torino - Novara - Vercelli

what does a medical examiner do on a daily basis

giudichi ognuno quali erano le percentuali andate all'una o all'altra delle forme istituzionali.
Nell'Italia settentrionale la maggior percentuale di voti per la monarchia si ebbe in provincia di Cuneo (147.181 contro 119.447 per la repubblica); a seguire Asti, poi con minor distacco Bergamo e Padova..
La "Granda", come pure l'Astigiano, erano comunque incorporati nella circoscrizione Cuneo - Asti - Alessandria, che in totale fece registrare una maggioranza per la Repubblica (418.045 contro 384.213).
 

·
Registered
Joined
·
6,653 Posts
E' forse il caso di ricordare come nel Piemonte rurale (di cui le due provincie citate sono un po' l'emblema) "Repubblica" è da sempre sinonimo di "gran casino, somma confusione"; "l'è 'na republica!" soleva dire la gente di ambienti o situazioni caotici.
Anche a Torino, quando dopo l'avvento della Repubblica alla stessa fu intitolata la piazza del mercato di Porta Palazzo, già intitolata a Emanuele Filiberto (che "traslocò" nell'adiacente piazza Giulio), le battute più o meno salaci, pensando al quotidiano "movimento" del mercato, si sprecarono!
 

·
Registered
Joined
·
6,653 Posts
Sempre a proposito di come i possidenti consideravano la "plebe": ancora a inizio '900 usavano dire: "Ah, se i poveri imparassero a mangiare quello che "fanno", sarebbe tanto meglio!"
 

·
Registered
Joined
·
1,644 Posts
scusate il non off topic,particolare di foto di Brogi con abitazioni fitte, fronte duomo e zone limitrofe [Souvenir de l'ltalie. Turin. Firenze, G. Brogi, s.d. Album de 6 phot. dépliantes de Turin, don Davidsard en 1930] | Gallica
riguardo a questo interessante non off topic :D sembra che l'immagine proponga l'area palatina prima delle demolizioni di epoca umbertina, quindi negli anni '80 dell'Ottocento.
Se si fa attenzione si possono notare le merlature medievali a coda di rondine delle torri della Porta palatina ancora presenti prima dell restauro del Promis. Durante il suddetto restauro tra gli interventi furono eliminati e sostituiti da quelli squadrati più consoni a quelli originali romani.
Quindi siamo prima del 1873.
 
31161 - 31180 of 31441 Posts
Top